BUIO LIQUIDO/DARK LIQUID
SURVEY OF ELECTRONIC AND DIGITAL ART
introduzione
Progetto per una grande mostra/rassegna sulla videoarte e i suoi sviluppi: dalla video arte storica, ai nuovi artisti che usano questo mezzo, alle video installazioni, alle sculture di monitor, ai videoclip, alla pubblicità di autore, ai video dell’architettura fantastica, a quelli della videodanza, etc.
L’intenzione è quella di proporre in diversi spazi disseminati nella città, ed in diversi luoghi deputati in Europa e in america, una selezione critico-storica delle opere di video arte prodotte negli anni, a cominciare dalle primissime riprese fatte da Nam June Paik e da Andy Warhol a New York, dalle importanti opere di artisti prodotte da Gerry Schum prima e da Maria Gloria Bicocchi con art/tapes/22 dopo, fino ai video prodotti dalla galleria Castelli e la raccolta di EAI, a New York, fino ai più recenti artisti che lavorano con il mezzo video, europei e americani, o ai giovani artisti asiatici dei quali molti lavori sono stati esposti dal MoMA, N.Y., in una esposizione dedicata da Barbara London alla videoarte cinese, nel 2004 (China Now!).
Una kermesse dilatabile, che abbracci senso, estetica e linguaggio elettronico in una ricerca capillare affrontata anche con un supporto di studiosi e di artisti (ad esempio Bill Viola) che terranno dei seminari sulla lettura della video arte e sull’interrogativo sempre presente se il mezzo debba essere usato come linguaggio, come protagonista del lavoro quindi, o no (indagare a tal proposito le differenze fra America e Europa).
Un grande festival che coinvolga l’interesse di diverse generazioni di fruitori, proponendo sia opere storiche depositate presso sale di musei internazionali importanti, che gli esperimenti delle generazioni recenti, indagando come l’uso di questo mezzo si adatti e si modifichi secondo le necessità non solo culturali ma anche del mercato delle nuove tecnologie.
L’invasione del campo d’altronde avviene non solo nell’uso (sempre comunque creativo e spesso nato da un’idea di uno o più artisti) del mezzo elettronico, ma anche in altre espressioni artistiche a iniziare dallo spostamento effettuato dalla pop art: da pubblicità ad opera d’arte; qui il percorso sembra inverso, da opera d’arte selettiva a proposte per le masse, dall’arte alla pubblicità. Si tratta comunque di una semplificazione, di eliminare ora la tela, ora un vero set, ora un teatro, simulare ciò che era concreto e indispensabile e raggiungere ugualmente lo scopo, attraverso una nuova estetica, ugualmente raffinata e “personale”, un’estetica che attraversa e inaugura nuovi canoni di estetica, e perfino di “arte”.
Questa rivoluzione “di tutti” è iniziata, dalla fine degli anni ’60 con l’uso forse casuale del portapack da parte di artisti che hanno inaugurato davvero una nuova era destinata ad espandersi attraverso cambiamenti e sempre nuove tecnologie, ma ormai avviata in un cammino di “no return”: esploriamo questo percorso dunque, non perdiamo la magia di questo momento di coagulo importante e curioso, dove i giovanissimi ed i pionieri di questo linguaggio si misurano con lavori interessanti e molto spesso capaci nonostante il “mezzo freddo” di comunicarci una irrinunciabile poesia.
Maria Gloria Conti Bicocchi
motivazioni
Viviamo in un momento in cui la produzione artistica contemporanea amplifica le condizioni di un’estetica della confusione. Sia lo studioso che lo spettatore si trovano di fronte opere la cui collocazione nei recinti noti delle discipline storiche - cinema, teatro, arte visiva, musica - è problematica, in cui il concetto stesso di opera è in crisi, una crisi diversa da quella portata dalle avanguardie storiche e dalle neo-avanguardie con l’estetica dell’immateriale e del mutevole espressa dalla Performance Art e dal video con la sua liveness e processualità.
L’incidenza della tecnica sul fare artistico è diventata una questione nel momento in cui la macchina si è sostituita all’abilità dell’uomo, estromettendolo dalle sue funzioni manuali-intellettuali-emozionali-creative. Come a suo tempo richiamava Heidegger (1976) sembra che ancora oggi non ci si sia liberati dell’accezione strumentale del concetto di technè e dell’atteggiamento simmetrico e opposto di sottomissione supina o di aperta ribellione ad essa.
“Oggi gli artisti stanno abbandonando il concetto di visione creativa per diventare sempre più simili a inventori nei loro campi specializzati” sostiene Pipilotti Rist - artista svizzera che opera nel campo del video monocanale e delle installazioni multimedia - secondo cui, se l’artista è diventato come un tecnico, il tecnico, per il principio di reciprocità, “dovrebbe fare arte”.
Oggi, la dimensione tecnica - al contrario di quanto avveniva fino a un decennio fa - è sopravvalutata a discapito della dimensione artistica, e il marchio negativo impresso al rapporto arte-tecnologie, fin dalla comparsa della fotografia, con il nuovo secolo si è ribaltato nel suo opposto.
La motivazione che sottende il progetto non è tanto quella di esaltare il nuovo, né, al contrario, esprimere la melanconia per la perdita della specificità, la globalizzazione dei linguaggi dell’arte e dei media audiovisuali in atto attraverso le tecnologie digitali, quanto dispiegare una sana attitudine alla storicizzazione e messa in relazione dei percorsi artistici e dei procedimenti produttivi. In questa fase avere la cognizione e la memoria delle pratiche del video, del patrimonio di opere frutto della sperimentazione dei dispositivi tecnologici, dell’incontro fra arti e tecnologie elettroniche, multimediali e informatiche, diventa un percorso obbligato per accostarsi alle tecnologie digitali senza traumi.
In un momento in cui il cosiddetto digitale ha globalizzato tutti i media, l’esperienza vitale, sperimentale, creativa dell’arte elettronica rischia di essere definitivamente schiacciata e cancellata dal medium più forte e di sparire anche come memoria culturale. Il progetto di mostra itinerante dedicata a tracciare un percorso fra opere e autori che hanno scandito significativamente la nascita e lo sviluppo dell’arte video, mira a legittimare e accreditare, strappare all’oblio e alla cancellazione che è saccheggio senza risarcimenti, una produzione ricca di pensiero e del tutto in sintonia con le istanze estetiche degli ultimi tre decenni del Novecento.
Valentina Valentini
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TRAVAUX/SOUVENIRS
una esposizione didattica
Questo evento, dal carattere e dal senso esplorativo e didattico, consiste in una sequenza di immagini che indagano sull'universo dei numerosissimi lavori di Daniel Buren.
Per l'artista è il lavoro che deve comunicare senza equivoci il senso. Non si tratta dunque di un'incursione guidata da un apparato critico di lettura, di un'investigazione analitica o di una schedatura ragionata ma di una visione di sintesi, che abbracciando cronologicamente e geograficamente l'estensione del lavoro di Buren ne fornisce una formidabile opportunità di lettura e comprensione.
Rintracciare il filo della poetica, estraendo così un minimo comune multiplo di lettura libero dalle inevitabili implicazioni estetiche e quindi da una pur necessaria partecipazione empatica all'opera, è possibile solo contemplando la multiforme molteplicità delle tipologie d'intervento e le variabili nell'applicazione della costante segnica, definita da Buren l'outil visuel. il suo strumento visuale.
Le sequenze, allestite in ordine cronologico dal 1964 al 2004 in montaggi video di immagini fotografiche, i diaporama, costituiscono uno straordinario catalogo dell'intera opera di Daniel Buren, catalogo che va dall'identificazione delle famose righe verticali quali Outil Visuel e la loro applicazione negli affiches sauvages al travail in situ, tra cabanes eclatées e opere permanenti negli spazi pubblici.
A ciò si aggiunge la visione di alcuni documentari - primo fra tutti quello che testimonia la genesi dell'installazione al centro Pompidou del 2002 - che, illuminando il percorso progettuale e il lavoro dell'allestimento, consentono di entrare nel senso profondo dell'opera di Daniel Buren e coglierne il punto di vista.
Straordinario, in tal senso, il documentario realizzato da Stan Neumann per Poissons Volants in occasione del lavoro in situ The eye of the storm che ha siglato un ritorno trionfale di Buren nel Museo Guggenheim di New York a Marzo del 2005.
Completa l'evento, come parte integrante ma anche come corpus collaterale fuori sede, un diaporama che illustra la realizzazione dell'ultimo importante travail in situ realizzato dall'artista a Napoli: Cerchi nell'Acqua nella sede dell'Arin di Ponticelli.
Marco de Luca
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25.10.2003 - presentato il progetto "gesto" al programma "cultura 2000" della Comunità Europea
Elaborato a partire da un'idea Maria Gloria Conti Bicocchi e sviluppato insieme alla Fondazione Fabbrica Europa di Firenze, IL GESTO NEL PATRIMONIO CULTURALE EUROPEO è un progetto di ricerca su i linguaggi artistici teatrali e coreutici. Prevede una serie di sei attività da realizzarsi nell'arco di un anno (da giugno 2004 a giugno 2005) insieme a importanti partner europei: la fondazione Fabbrica Europa di Firenze, il teatro Mercat de les Flors di Barcellona, listituto Muzeum di Lubjana, lassociazione Oximoron di Atene, il Chapter Arts Centre di Cardiff, e il dipartimento di Scienze della Comunicazione dellUniversità di Siena.
Contestualmente viene richiesto il sostegno, il patrocinio e il pertenariato a: provincia di Napoli, comune di Napoli, comune di procida.
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